Da <<Il nostro Tempo>> del 6 dicembre 2015

I tredici racconti che compongono l’ultimo libro di Luciana Navone Nosari Donna è… sono lo stadio ulteriore di un’evoluzione continua dell’autrice già presente nelle opere precedenti, siano esse poesie o romanzi. I racconti, infatti, sono cesellati da una scrittura solida, sicura nel padroneggiare le diverse sfumature intellettuali, spirituali, umane e psicologiche che costituiscono l’universo femminile, amalgamandole in diverse soluzioni stilistiche, in una sintesi armoniosa e avvincente, che conquista i cuori e le menti di lettrici e di lettori perché nascono in un’ottica di compenetrazione e comprensione tra uomo e donna o, almeno, tra gli esponenti più sensibili e intelligenti dei due sessi. L’autrice, infatti, evitando la trappola di stereotipi, luoghi comuni e falsi conformismi, dà una visione a trecentosessanta gradi della donna per quello che è in rapporto a sé, agli uomini, alla società, alle altre donne, alla natura, alla religione, alla spiritualità e alla Storia illuminandone virtù, vizi, lati in luce, lati in ombra, miserie e nobiltà. In questo senso, è esemplare il racconto che apre la serie, La cartomante, in cui una moglie sospettosa innesca un pirandelliano gioco delle parti che sfocerà in un finale beffardo e crudelmente ironico. Le due querce è un inno struggente e commovente al coraggio della donna, scolpito su un diario, che raggiunge vette di pura poesia: la protagonista, infatti, dopo aver abbracciato l’Eden nella sua essenza terrena e divina, ne è insidiosamente scacciata da una serpe lignea e insidiosa che sarà sconfitta dal frammento di divino che lei conserva nel suo cuore e che la sosterrà vincente e trionfante, nel passaggio dalla vecchia alla nuova vita. In Firmata… per sbaglio, il proprio nome, tanto detestato dalla protagonista, sarà invece la sua salvezza quando è coinvolta, suo malgrado, in un intrigo pericoloso; un racconto che miscela perfettamente tensione e ironia, racconto poliziesco e d’azione. Lettera a due amiche riprende e rielabora lo stile epistolare, narrando come la protagonista, in seguito alle vicissitudini in cui incorre a causa del battesimo di una nipotina, del primo giorno di scuola dell’altra e di due“rilassanti”giorni a Roma, scopra in chi risieda la vera amicizia. A proposito di congiuntivi è un racconto proustiano della memoria che serve alla protagonista a imparare come ostinarsi su un dettaglio possa deviare, e non sempre per il meglio, il proprio destino. Il palazzo d’epoca è un superbo incontro tra Ibsen e Pirandello, in cui l’amore totalizzante e totalitario di una donna, spinto fino all’annullamento di sé, la trasforma, dopo un’atroce scoperta, in un’erinni spietata, traboccante d’odio. L’uniforme bianca è un racconto nato dall’incontro tra gli elementi migliori della narrativa romantica e di guerra, in cui quest’ultima dalle sue atrocità genera un amore grande, eterno, assoluto, che le difficoltà affrontate rendono più forte, puro e indissolubile, suggellato da un finale toccante e commovente che muta un addio in un arrivederci tenero e delicato. Finalmente tutti d’accordo, un divertente ritratto familiare, mette in luce il provvidenziale senso pratico delle donne. E il telefono squilla… utilizza la tensione del thriller e sequenze dalla dinamica cinematografica per affrontare un tema tragicamente attuale, le molestie contro le donne. L’inferno quotidiano della protagonista è scandito dagli squilli ossessivi del telefono, che la trascinano in progressivi gironi infernali da cui uscirà verso la luce, con un inaspettato rovescio del gioco. L’autrice, in Fedeltà… sempre?, con un uso sapiente di umorismo e ironia dimostra che la coerenza mal interpretata può portare a scelte assurde, come la protagonista del racconto scopre a sue spese. Fra la gente… è un ottimo esempio di fusione tra narrativa e sociale: la protagonista, infatti, nel percorrere luoghi, quartieri e contesti diversi vede delinearsi davanti agli occhi la planimetria vivente della società nei suoi chiaroscuri, illuminati di speranza, però, dal caleidoscopio della maternità in tutte le sue sfaccettature, rilucente di vita e amore autentici. La scelta, il dialogo tra la protagonista e una suora di clausura sulla scelta di quest’ultima, è un aprirsi al divino e al mistero che pervadono la vita, e la risposta al finale spiazzante e inatteso, forse, è scritta nel cuore, a volerlo ascoltare. Conclude la serie dei racconti Quando si metteva il cotone sulle punte, un amarcord dolce-amaro sul “quando eravamo bambine”, dai toni felicemente felliniani, che non si pietrifica nel passato ma ne coglie i semi più preziosi per trapiantarli nel futuro, nella convivenza traboccante di vita dell’antico pino e del giovane abete.

Luciana Navone Nosari è riuscita a comporre un arazzo multicolore di vite, storie, destini attraversato da una polifonia di suoni, profumi, colori, che rendono foreste, città, quartieri protagonisti, e specchi che riflettono la pluralità dei caratteri femminili, e il loro effondersi tra terra e cielo, tra luce e tenebra.

Claudio Ozella