Venti plurali.

“Sui passi del vento” è il libro senza dubbio più profondo e sofferto di Luciana Navone Nosari, in cui poetessa e scrittrice s’incontrano in una sinergia creatrice dove la poesia diviene racconto e il racconto poesia, ritraendo l’anima plurale, polifonica e multicolore del mondo e dell’umanità. Quest’universo plurale investe lettori e lettrici grazie al tema di partenza il vento, che a sua volta è declinato in venti plurali che trasportano in un viaggio laddove passato, presente e futuro s’intrecciano in una circumnavigazione che parte dalla Crimea del XIX e XXI secolo, passando dalla provincia piemontese ai colori e profumi dell’Africa e dell’Afghanistan, in un duello eterno tra amore e odio, guerra e pace colti nel loro immergersi nella vita e negli affetti quotidiani di uomini e donne di cui influenzano, nel bene o nel male, i destini.

La forza del libro è nel riprendere fatti realmente accaduti e metterne a nudo la vena d’oro poetica e narrativa, in cui il vigore di Pavese, nel descrivere angeli e demoni della provincia, incontra la Provvidenza manzoniana e l’afflato francescano e benedettino dell’amore come dono e realizzazione di sé – in empatia con gli altri e non contro di loro – in cui la differenza, comunque declinata, diventa specchio e riflesso della propria capacità d’amare, non oggetto di scherno crudele o nemico politico o razziale da distruggere senza pietà e senza misericordia, in nome di un bene superiore che dovrebbe realizzare un paradiso, ma che invece sprofonda infine chi lo compie, e non chi lo subisce, nelle latèbre più profonde dell’inferno.

Il ritmo dell’opera è fluente, trascinante, implacabile nel toccare i tasti più profondi di lettori e lettrici, che come i protagonisti e le protagoniste sono costretti a fare i conti con i propri valori, i propri sentimenti e le proprie scelte, in particolare oggi e nei giorni a venire, adesso che la Storia è uscita dalle pagine dei libri, per scriverne Lei uno nuovo dal finale sconosciuto. L’autrice, infatti, non ha scritto pagine che evadono dalla realtà, ma che nascono da essa, intingendo la penna nell’inchiostro vivo della vita ricordando con parole solide, vigorose e contemporaneamente delicate – prive di retorica didascalica e di accomodamenti narrativi – la forza creativa e creatrice dell’amore; quello vero e autentico, che si sporca le mani nel terreno umano per estirpare la gramigna della sofferenza e dell’odio.

Valore aggiunto del libro è, in ultima analisi, il talento dell’autrice di dipingere con le parole entrando empaticamente nell’essenza di colori, profumi, emozioni, sentimenti, sensazioni che, in un arazzo vivente e pregnante, sono coprotagonisti, ritrovando un’alleanza primigenia di cuori.